Artrite reumatoide e parodontosi: nuove scoperte e rimedi sicuri

artrite reumatoide

Un nuovo studio porta alla scoperta di un legame stretto tra artrite reumatoide e parodontosi, infiammazione cronica delle gengive responsabile di sanguinamento, gonfiore, ascessi e, nei casi estremi, della perdita dei denti.

Lo studio americano condotto dalla Johns Hopkins School of Medicine di Baltimora, pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, ha individuato l’Aggregatibacter actinomycetemcomitans, un batterio comune alla parondotopatia ed all’artrite reumatoide: si annida nelle gengive, colonizza il parodonto malato e produce proteine citrullinate, le stesse che scatenano l’artrite reumatoide.

Sarebbe questa la causa comune delle due malattie scoperta attraverso l’analisi di 196 campioni periodontali prelevati: la sovrapproduzione di proteine citrullinate porta alla formazione di anticorpi che attaccano le proteine stesse e, con esse, i tessuti.

Un altro tassello del complicato mosaico per lo studio dell’artrite reumatoide

E’, quindi, questo comune agente patogeno, l’Aggregatibacter actinomycetemcomitans a causare entrambe le malattie e tale recente scoperta rappresenta un grande passo avanti nel lungo percorso scientifico volto a scoprire le radici dell’artrite reumatoide per trovare nuove strategie di prevenzione della malattia autoimmune o nuove terapie.

Questo batterio anaerobio facoltativo Gram-negativo è stato osservato nel 62% dei casi di parodontosi cronica e causa il processo di citrullinazione delle proteine che danneggia i tessuti articolari.

E’ bene specificare, però, che più della metà dei pazienti affetti da artrite reumatoide ed analizzati dai ricercatori non ha mostrato un’evidente infezione parodontale: di conseguenza, gli agenti patogeni potrebbero essere anche altri, tra cui l’S aureus.

Artrite reumatoide: le terapie di oggi

Le terapie per combattere l’artrite reumatoide sono farmacologiche (al fine di alleviare i sintomi dolorosi) e chirurgiche ortopediche (nei casi di artrite reumatoide invalidante che limita gravemente la funzionalità articolare ed il movimento degli arti).

Il trattamento farmacologico consiste nell’assunzione di una combinazione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) – che presentano un rischio di complicanze gastroenteriche notevoli e che non sono consigliati a pazienti con problemi cardiaci, cirrosi ed insufficienza renale – DMARDs e cortisone. Quest’ultimo può causare seri effetti collaterali tra cui osteoporosi, ipertensione, aumento di peso, ritenzione idrica, iperglicemia, cataratta, arteriosclerosi.

Protesi anca totale: la soluzione chirurgica mini invasiva

La protesi anca totale, oggi sempre più avanzata e richiesta nel mondo, rappresenta uno dei maggiori successi della chirurgia ortopedica mini invasiva capace di intervenire su molte patologie invalidanti per ripristinare l’articolazione coxo-femorale.

E’ indicata sia per i casi di coxartrosi primaria (usura spontanea della cartilagine dovuta a degenerazione in età senile) sia per quelli di coxartrosi secondaria (osteonecrosi della testa del femore, frattura del bacino o del femore, displasia congenita dell’anca, artrite reumatoide, spondilite anchilosante, artrite psoriasica, ecc.).

Questo intervento si rivela necessario quando i farmaci non bastano più e la malattia è invalidante tanto da non consentire neanche una semplice passeggiata.

I risultati della chirurgia mini invasiva sull’artrite reumatoide ed altre patologie

Le nuove tecnologie offerte dalla chirurgia ortopedica mini invasiva dispongono di materiali di elevata qualità ed impianti migliorati sia in termini di integrazione biologica e biomeccanica con l’osso sia per durata. Con la protesi anca totale, anche nei casi di artrite reumatoide, l’intervento risulta statisticamente sicuro ed efficace col vantaggio di risparmiare le strutture muscolari ed ossee.

Diversi studi confermano che l’intervento per impiantare la protesi anca, sostituendo l’articolazione coxo-femorale naturale, elimina la sintomatologia dolorosa, è sicuro, ripristina la regolare funzionalità articolare e migliora la qualità della vita dei pazienti.

Specialisti del settore come il Dott. Michele Massaro di Milano, effettuano quotidianamente interventi di alta precisione, con tempi chirurgici ridotti e tecnica mini invasiva che preserva i tessuti molli periarticolari riducendo l’incisione a 7-8 cm.

Questa tecnica consente un recupero funzionale molto più rapido rispetto alla chirurgia tradizionale.

Dopo l’intervento, i pazienti sono in grado di fare le scale nell’arco di 3-5 giorni abbandonando le stampelle entro 2-3 settimane.

Specialisti come il Dott. Michele Massaro scelgono la tecnica protesica più all’avanguardia chiamata femur first, che permette il massimo risultato funzionale e riduce al minimo il rischio di lussazione della protesi impiantata.