Il canottaggio competitivo è lo sport epitome della sincronizzazione: i remi devono entrare e uscire dall’acqua esattamente nello stesso istante, mentre i vogatori si piegano e si flettono insieme seguendo tutti uno stesso ritmo. Alcuni scienziati hanno deciso di effettuare un esperimento scientifico per esaminare che tipo di effetto risulta da un’eliminazione della sincronizzazione. Un team composto da fisici di altissimo livello ha così scoperto che la velocità di una barca dipende da quanto i vogatori sono fuori fase tra loro. I risultati di questa ricerca sono stati presentati al meeting annuale di Portland avvenuto lo scorso novembre, e si pensa che potranno essere applicati per migliorare le prestazioni della vogata e ottimizzare la progettazione delle eliche delle barche.
Il progetto è nato così. Romain Labbé e Jean-Philippe Boucher, due ricercatori del dipartimento di Fisica e Sport presso l’Ecole Polytechnique, in Francia, hanno costruito un modello a otto vogatori robotici su scala 1/10. “Innanzitutto abbiamo voluto osservare l’effetto della sincronizzazione sulla velocità della barca, un effetto che viene enfatizzato quando coinvolge un gran numero di vogatori”, ha spiegato il dottor Boucher. Il test è stato compiuto attivando la barca da due metri in una piscina e osservando come la velocità dipendesse dai vari gradi di sincronizzazione dei suoi vogatori robotici.
Se i vogatori robotici immergono i remi allo stesso tempo in 30 centimetri di acqua- proprio come fanno i vogatori professionisti – allora la velocità della barca sale e scende fino al 20% a ogni colpo. In pratica è come se una macchina in autostrada perdesse e guadagnasse ripetutamente 20 chilometri all’ora. La ricerca mostra che anche per le barche operate da vogatori in carne e ossa si verificano le stesse condizioni a questa stessa variazione, causata dal fatto che i corpi si inclinano e si rialzano tutti con lo stesso ritmo (per i non addetti ai lavori, la vogata si compone di quattro movimenti: l’attacco, la spinta, il finale e la ripresa). Queste fluttuazioni di velocità possono rallentare in modo significativo una barca. Come ha concluso il dottor Boucher, infatti, “maggiori sono le fluttuazioni nella velocità della barca, maggiore sarà l’attrito sullo scafo”.
Lo stesso team di fisici si è poi impegnato in una seconda fase del test, ovvero scoprire se è potrebbero ridurre queste fluttuazioni di velocità. Ispirati dall’andamento naturale, hanno impostato i rematori robotici a muoversi asincronicamente, senza immergere i remi in acqua allo stesso tempo. L’idea chiave è nata notando che in effetti in natura la maggior parte degli animali muove le gambe una dopo l’altra per aumentare la propulsione. “Pensiamo ad esempio al gambero” ha detto il dottor Bouchon “non è forse vero che nuota nella sua maniera particolare per evitare le fluttuazioni di velocità?” Quindi è forse possibile aumentare la velocità diminuendo il livello sincronico?
I ricercatori hanno dunque programmato i rematori robotici in modo che si muovessero ognuno di un’ottava fuori fase rispetto al proprio vicino, ed hanno così scoperto che le fluttuazioni di velocità si potevano misurare in un ordine di grandezza inferiore rispetto a quando i robot remavano in modo sincrono. La tesi finale degli autori di questo test implica che il canottaggio asincrono riduce l’attrito dello scafo rispetto a quando i remi si muovono in sincronia. Ma riportando l’esperimento a dei rematori in carne e ossa è praticamente impraticabile. Prima di tutto perché chiedendo ai rematori di muoversi fuori dal ritmo rischiano di far scontrare i remi. E questo avvenimento avrebbe serie conseguenze come l’instabilità dei rematori o peggio ancora il rovesciamento della barca. Nella realtà dei fatti, esiste un solo record del canottaggio asincrono, che è stato tentato da un equipaggio di canottaggio britannico nel 1929.